Il 22 aprile numerose iniziative in tutto il mondo celebreranno il nostro pianeta durante l’Earth Day 2024. Come ogni anno, sarà un’occasione per riflettere sul cambiamento climatico e le azioni da intraprendere per cercare di limitarlo. La prima domanda da porsi diventa quindi: come sta la Terra e qual è lo stato del clima globale nel 2023?
Il 2023 è stato per distacco l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura superiore di 1,45 ± 0,12 °C rispetto alla media del periodo preindustriale (1850-1900).
Si apre con questo dato allarmante il report annuale della WMO (World Meterological Organization) sullo stato del clima globale nel 2023 e, purtroppo, questo non è l’unico record negativo infranto nel corso dell’anno passato.
Il report offre una panoramica completa sui cambiamenti climatici in atto e sull’influenza che l’azione umana ha su tali variazioni. Da sempre Brochesia valorizza e promuove una forma di collaborazione remota e sostenibile che permette di abbattere le emissioni legate agli spostamenti ed efficientare i processi operativi, consentendo alle imprese di ridurre il proprio impatto ambientale, grazie alla potenzialità offerte dalla Realtà Aumentata. Alla luce dello scenario dipinto dal report sullo stato del clima globale nel 2023, siamo pronti per accompagnarti nel percorso verso la sostenibilità aziendale.
Vediamo quindi nel dettaglio i dati rilevati, seguendo i sette indicatori individuati dalla WMO, come fatto anche lo scorso anno.
1. La situazione nell’atmosfera
L’aumento nell’atmosfera dei livelli di gas serra dovuti all’uomo è uno dei principali motori del cambiamento climatico. I dati rilevati confermano che questo incremento è continuato nel 2023. I valori dei tre principali gas serra (anidride carbonica, metano e protossido di azoto) sono infatti saliti rispetto al precedente report:
- La concentrazione atmosferica di anidride carbonica (misurata in parti per milione – ppm) è arrivata a 417,9ppm ± 0,2, ovvero il 150% dei valori preindustriali (lo scorso anno era a 415,7 ppm).
- La concentrazione di metano (misurata in parti per miliardo – ppb), ha raggiunto il valore di 1923±2 ppb, equivalente al 266% dei valori preindustriali (lo scorso anno 1908 ppb).
- La concentrazione di protossido di azoto ha raggiunto le 335,8±0,1 ppb, pari al 124% dei livelli preindustriali (nello scorso report erano a 334,5).
2. Il 2023 sulla superficie terrestre
Come detto, il report sullo stato del clima globale nel 2023 indica che quello appena trascorso è stato l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media sulla superficie terrestre di 1,45 ± 0.12 °C più alta rispetto al riferimento preindustriale. Un risultato che porta gli ultimi nove anni ad essere i più caldi di sempre. Un trend confermato anche da un altro dato: la media della temperatura tra il 2014 e il 2023 è di 1,20 ± 0,12°C superiore ai valori preindustriali, diventando il periodo di dieci anni più caldo mai registrato. Questo aumento è dovuto, non solo alle emissioni umane e naturali di gas serra, ma anche al passaggio verificatosi nel corso dell’anno da condizioni di La Niña a El Niño.
3. Lo stato degli oceani
Anche il contenuto di calore degli oceani fornisce dettagli importanti sullo stato del clima globale nel 2023. Questo ha infatti raggiunto il valore massimo registrato nei 65 anni di osservazione. Questo aumento di calore porta l’acqua ad espandersi e contribuisce allo scioglimento dei ghiacci con il conseguente innalzamento del livello del mare. La media globale del livello del mare ha raggiunto un ulteriore record dal 1993 quando iniziarono i rilevamenti attraverso satelliti. In particolare si nota che il tasso di innalzamento medio globale negli ultimi dieci anni (2014-2023) è più del doppio dei primi dieci anni di rilevamenti (1993-2002).
L’aumento del livello del mare anche di pochi millimetri, seppure apparentemente percepito come irrilevante, può portare alla perdita di ecosistemi costieri, alla distruzione di infrastrutture costiere, alla salinizzazione delle acque sotterranee e a inondazioni. Tutti fattori del cambiamento climatico che andrebbero ad impattare drasticamente sulla vita di miliardi di persone. Nel grafico seguente sono rappresentate alcune delle città che verrebbero afflitte da questi problemi.
Si conferma anche il processo di acidificazione degli oceani, con una diminuzione del pH medio globale che prosegue con tassi mai visti da almeno 26000 anni. Questo mette a rischio non solo le barriere coralline e le specie marine, ma anche la capacità degli oceani di assorbire CO2.
4. L’estensione del ghiaccio
Un altro indicatore dello stato del clima globale nel 2023 è la presenza del ghiaccio, sia nei mari che sulla terra.
Il ghiaccio marino artico è rimasto al di sotto della norma per tutto l’anno, registrando il quinto valore più basso dell’estensione massima e il sesto valore più basso dell’estensione minima nei 45 anni di osservazione satellitare. L’estensione del ghiaccio antartico ha invece raggiunto il valore più basso mai registrato il 21 febbraio 2023. Da giugno in avanti tutti i valori registrati sono stati un record negativo. L’estensione massima annuale è stata inferiore al precedente record di 1 milione di chilometri quadrati, un valore superiore all’estensione combinata di Francia e Germania.
Per quanto riguarda i ghiacciai, le osservazioni preliminari attualmente disponibili indicano un bilancio di massa estremamente negativo per il Nord America occidentale e le Alpi. In particolare, le Alpi svizzere hanno perso tra 2022 e 2023 circa il 10% del proprio volume di ghiaccio.
5. Gli eventi metereologici estremi
Ondate di caldo e di freddo, incendi, siccità, inondazioni e tempeste. Il cambiamento climatico porta a eventi metereologici sempre più estremi e il 2023 non è stata un’eccezione.
Le isole Hawaii, il Canada e l’Europa hanno visto incendi eccezionali che hanno portato alla perdita di vite, alla distruzione di case e ad un pesante inquinamento dell’aria. In Canada nel corso dell’anno è bruciata un’area di quasi 15 milioni di ettari, un valore sette volte maggiore la media annuale del periodo 1986-2022, oltre 235mila persone sono state evacuate e 4 hanno perso la vita.
Gli incendi più mortali sono stati quelli nelle Hawaii, con almeno 100 vittime riportate.
Le precipitazioni eccezionali che hanno accompagnato il ciclone mediterraneo Daniel a settembre, hanno colpito duramente la Grecia, il sud della Bulgaria, la Turchia, per poi provocare inondazioni disastrose in Libia che hanno portato alla morte accertata di 4700 persone, con altre 8000 ancora disperse (al 15 dicembre). 19 invece le morti tra Grecia e Bulgaria.
Il ciclone tropicale Freddy ha causato inondazioni in Mozambico e Malawi, provocando vittime in entrambi i paesi: 169 in Mozambico e 679 in Malawi. Il ciclone tropicale Mocha, invece, ha portato alla morte di 156 persone in Myanmar e al danneggiamento, o alla distruzione, di oltre 270mila edifici.
L’uragano Otis, in Messico, è stato l’evento che ha portato il maggior impatto a livello economico dell’anno, con ben 12 miliardi di dollari di perdite. Inoltre l’uragano ha causato 48 vittime accertate e 32 dispersi.
Le ondate di calore sono state altrettanto significative e tra le regioni più colpite figurano l’Europa meridionale e il Nord Africa.
L’Italia ha visto una temperatura massima registrata di 48,2°C il 24 luglio in Sardegna, solo 0,6°C meno del record stabilito in Sicilia nel 2021. Ma il dato più impressionante per il nostro Paese viene da Milano, dove l’osservatorio di Brera ha registrato il 23 agosto una temperatura media giornaliera di 32,98°, il valore più alto mai registrato dal 1763.
Temperature record sono state registrate anche a Tunisi (Tunisia, 49,0 °C il 24 luglio), Tirana (Albania, 43,0 °C il 25 luglio), Agadir (Marocco, 50,4 °C l’11 agosto) e Algeri (Algeria, 49,2 °C il 23 luglio).
6. I rischi e gli impatti del cambiamento climatico
L’aumento delle emissioni e il cambiamento climatico hanno ricadute importanti su molte problematiche, tra cui la sicurezza alimentare. Come riporta la FAO, oltre 333 milioni di persone vivono in condizioni di scarsa sicurezza alimentare, più del doppio dei 135 milioni pre-pandemia. Tra il 2007 e il 2022 sono stati condotti 88 studi sui bisogni post-disastri ambientali ed è emerso che oltre il 65% dei danni causati dalla siccità avviene nel settore agricolo, mentre per le inondazioni, le tempeste e i cicloni il valore è intorno al 20%.
Queste problematiche hanno colpito in particolare alcune zone nel 2023:
- Sudan del Sud: a causa delle inondazioni di inizio anno, il livello dell’acqua innalzato ha impedito l’accesso a cibo, acqua potabile e cure sanitarie, affligendo circa 2/3 della popolazione (7,8 milioni di persone)
- Africa meridionale: con il passaggio del ciclone Freddy, Mozambico, Madagascar, Malawi e Zimbabwe hanno visto pesanti inondazioni che hanno danneggiato i raccolti, in aree ancora in ripresa dagli eventi dell’anno precedente
- Afghanistan: la riduzione dello scioglimento della neve in quest’area e l’assenza di precipitazioni hanno portato a cattivi raccolti e tra maggio e ottobre, 15,3 milioni di afghani hanno vissuto in condizioni di scarsa sicurezza alimentare
- Myanmar: gli effetti del ciclone Mocha, uniti all’intensificazione del conflitto seguito al golpe del 2021 e all’aumento dei prezzi del cibo, hanno portato a situazioni alimentari critiche per 3,4 milioni di persone
- Indonesia: l’eccezionale ondata di siccità che ha colpito il Paese ha danneggiato oltre trentamila ettari di coltivazioni e portato a una riduzione della produzione del riso pari a 645mila tonnellate.
- Mediterraneo: il passaggio del ciclone Daniel ha portato piogge da record in Grecia e ha danneggiato oltre 820 chilometri quadrati di coltivazioni. Quasi il 30% del territorio spagnolo è stato sotto allerta per la siccità nel 2023, con il Ministero dell’Agricoltura che prevede una perdita del 40% del raccolto di cereali
Gli eventi metereologici estremi hanno anche creato milioni di sfollati in tutto il mondo, che si trovano ad affrontare condizioni proibitive non solo da un punto di vista alimentare. Questi eventi, infatti, possono portare a povertà e maggiori diseguaglianze sociali, accentuate in particolar modo per le donne, a causa dei gap preesistenti.
Tra le zone più colpite dagli sfollamenti figurano:
- Medio Oriente e Nord Africa: 3,4 milioni tra rifugiati e sfollati tra Siria, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto hanno avuto bisogno di assistenza per superare l’inverno
- Sudest asiatico: il ciclone Mocha è considerato uno degli eventi più disastrosi dell’anno per gli sfollamenti tra Sri Lanka, Myanmar, India e Bangladesh. Il tifone Doksuri ha invece causato 313mila sfollati nelle Filippine
- Nord America: gli incendi in Canada hanno portato ad evacuare oltre 20mila persone, mentre le inondazioni negli USA hanno creato 88mila sfollati
- Italia: le alluvioni di Aprile nella regione dell’Emilia Romagna hanno portato a circa 39mila sfollati, di cui solo 10mila hanno fatto ritorno nelle proprie abitazioni dopo una settimana
- Libia: il passaggio del ciclone Daniel, oltre ai danni e alle vittime, ha portato ad oltre 43mila sfollati.
7. Cosa possiamo fare
Una scorciatoia breve per scongiurare possibili disastri dovuti a eventi metereologici sempre più estremi non esiste. Per cui, il primo obiettivo dichiarato dal segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres è quello di riuscire a dotare tutte le popolazioni di sistemi di allerta precoci, che possano garantire la possibilità di mettersi in salvo e di evacuare le zone che saranno colpite dal meteo avverso. Attualmente un terzo della popolazione mondiale non è dotata di questi sistemi.
Ovunque possibile dovremo passare a fonti di energia rinnovabile e i dati mostrano che nel 2023 la produzione di energia da fonti rinnovabili è aumentata del 50% rispetto al 2022. Un incremento in linea con l’obiettivo stabilito dalla COP28.
Anche la cosiddetta finanza climatica è in aumento, con gli investimenti per l’ambiente più che raddoppiati nel periodo 2021/2022 rispetto al 2019/2020, raggiungendo il totale di 1300 miliardi di dollari. Per rimanere però entro l’aumento di 1,5° C bisognerà investire quasi sei volte tanto, raggiungendo i 9000 miliardi entro il 2030 e aggiungendo ulteriori 10000 miliardi fino al 2050.
Questi sono lo stato del clima globale nel 2023 e le nostre prospettive future.
Senza azioni immediate, dalle più piccole e quotidiane agli investimenti a lungo termine, sarà impossibile ridurre le emissioni di gas serra. Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia dell’Ambiente Europea, il trasporto su strada è fonte di oltre il 22% delle emissioni di gas serra in Europa. Un veicolo produce in media 42 grammi di CO2 per passeggero al chilometro, mentre un volo produce in media 285 grammi di CO2 per passeggero al chilometro.
Per questo Brochesia è in prima linea insieme ai propri clienti per abbattere l’impatto ambientale favorendo una collaborazione sostenibile. Le nostre soluzioni B View e B Step permettono alle imprese di ridurre gli spostamenti superflui e migliorare la propria efficienza operativa, riducendo quindi le emissioni. Ma non solo: i software Brochesia vengono utilizzati anche per facilitare installazioni e manutenzioni di impianti energetici rinnovabili e per il controllo operativo delle centrali, offrendo un’ulteriore spunto per la sostenibilità.
Per scoprire di più su come Brochesia può aiutare la tua impresa ad essere più sostenibile, contattaci e richiedi una demo.